A cura di Silvia
Voto:
Quando
vi apprestate a leggere un romanzo di Zafòn non ponetevi troppe
domande, non cercate risposte che non avrete, perché il talento di
quest'autore sta proprio nel rendere credibile l'incredibile e per
quanto i suoi romanzi si somiglino sotto tanti punti di vista, la magia
che trasudano è unica e inimitabile. Ricordatevelo. Il detto "letto
uno, letti tutti" stavolta non vale.
Se siete pronti a immergervi negli anni Venti, in una Barcellona suggestiva e
malinconica
come non mai, conoscerete David Martìn, un giovane con un grande sogno,
quello di diventare scrittore. Come la maggior parte degli aspiranti
autori fa la gavetta lavorando all'ombra di un giornale, preparando
caffè, pulendo i vari macchinari e aspettando l'occasione della sua
vita che ovviamene... arriverà.
Adesso ditemi. Se vi foste
trovati al cospetto di un uomo in grado di offrirvi la chiave del
cassetto contenente il vostro più grande desiderio, non l'avreste
afferrata e stretta con tutte le forze? E non avreste fatto di tutto
per soddisfare le aspettative di colui che ha creduto nel vostro
talento?
È quello che fa David che vede in Don Pedro Vidal
un mentore, un amico, l'artefice della sua improvvisa fortuna, e per
rispettare i serrati tempi editoriali si ritira nella sua dimora, la
Casa della Torre, dove inizia a lavorare ininterrottamente nel nome di
un successo che lo renderà ben presto schiavo e prigioniero.
David seppellirà tra le pagine dei suoi manoscritti il suo "credo" e la
sua innocenza, abbandonerà
la purezza d'animo che lo caratterizzava a favore di un cinico
disinteresse verso tutto quello che esula dallo scrivere, e nemmeno
l'amore per Cristina,
la donna che ormai si limita a spiare da lontano, riuscirà a distoglierlo dalla
carta e dall'inchiostro: la
sua pelle e il suo sangue.
Ma
fondamentalmente David è una vittima: delle sue passioni, degli uomini
che lo manipolano, dei sentimenti che lo consumano. Trasformarsi in un
imperturbabile misantropo sarà un processo del tutto involontario, ma
irreversibile; anche i suoi tenebrosi romanzi e la casa in cui vive,
più simile a un antro stregato dalla tristezza e dall'avvilimento,
diverranno lo specchio di quell'anima ormai annerita dalla bramosia...
perché bisogna stare
attenti a quello che si desidera. Si potrebbe ottenerlo.
E David non è un altro che un inconsapevole Dorian Gray, meno spavaldo,
sicuramente non vanesio, ma incapace di affrontare il proprio destino
senza vendere l'anima al Diavolo. Quando si è avvolti in un sudario di
avvilimento e demonizzazione, quando si è capaci solo di
spargere
odio, gelosia e disprezzo, quando si ha così tanta paura da non sentire
che il battito martellante del proprio cuore, allora si è talmente
vulnerabili,
impauriti e fragili che la più folle delle soluzioni, non sembrerà
nemmeno così folle.
Insomma, chi può realmente biasimarlo?
Chi, in tutta onestà, può affermare che si sarebbe comportato
diversamente? Quello che c'è in David c'è in ognuno di noi, e forse
solo l'integerrimo eroe di un romanzo pieno di cliché avrebbe voltato
le spalle al suo sogno per abbracciare le incertezze e la precarietà.
Solo a un eroe fittizio sarebbe bastato
uno sguardo per distiguere gli amici dai nemici. Ma Zafòn ci regala
sogni travestiti da incubi. Baratta parole in cambio
di emozioni. Rilega le pagine con profonde riflessioni. E
credo
che io per prima potrei vendere la mia anima se avessi davanti un
oratore come lui.
Il Gioco dell'Angelo
è il degno predecessore de
L'Ombra
del Vento, sospende
il lettore in un limbo in cui il mistico, il surreale e il visionario
confondono la realtà, e commuove nel raccontare l'infrangersi
di
un sogno e l'inafferrabilità di un amore, per poi porci di
fronte
a uno dei grandi quesiti esistenziali: la vita, può avere un
prezzo?