A cura di Silvia (11/2017)
Voto:
"Non bastano
quintali di vita a murare il passato."
Indorare la pillola, filtrare gli eventi, censurare i pensieri dei
personaggi per rendere una storia meno forte, ma alla portata di tutti,
significa, in parte, nascondere
la verità. Ed è una cosa che Lorenza Ghinelli non fa. Mai.
Lorenza ti toglie le mani dagli occhi, ti impedisce di coprirti le
orecchie, e poi, con le parole, ti falcia, perché se non sai tutto, ma
proprio tutto, allora non puoi affrontarlo un suo romanzo, non saresti
in grado di capirlo fino in fondo.
Io credo di averli capiti fin troppo bene Estefan e Martino, i
protagonisti de La Colpa, due ragazzi di diciannove anni, migliori
amici, con un trauma che non può finire semplicemente nel
dimenticatoio. In modi
diversi hanno visto morire la loro infanzia. Gliel'hanno
uccisa, strappata, fatta a pezzi.
Estefan ha perso improvvisamente l'amore dei suoi genitori. Non aveva
nemmeno dieci anni quando ha dovuto dire addio ai baci della
buonanotte, alle coperte rimboccate e agli abbracci caldi e
rassicuranti di mamma. Estefan prova a dimenticare. Tiene
occupata la mente, spedisce il cervello il luoghi in cui la realtà si
spacca e si deforma, e va avanti così, tra sogno, follia e realtà.
Martino invece ha un segreto pesante quanto il mondo. Uno di quei
segreti che non puoi rivelare o diventerebbe tutto ancora più vero e
allora ti si spaccherebbe il cuore. Il male invece va tenuto a bada, va
lasciato dormire, magari potesse cadere in coma e non svegliarsi mai
più...
Vivono Estefan e Martino, vivono in un quadro che gli adulti hanno
sporcato di colpe e silenzi e non ci sono giustificazioni per quello
che hanno fatto, eppure Lorenza non ammonisce, non condanna, perché il
destino è così, imponderabile e crudele, ma dalle proprie ceneri si può
risorgere, quello che non ti uccide spesso ti fortifica.
Finalista al premio Strega nel
2012 (l'anno in cui vinse
Inseparabili di Alessandro Piperno), La Colpa è una di quelle storie che sanno
di polvere, di terra, di carne e di sudore. È un libro che
coinvolge i cinque sensi: lo senti, lo odori, lo tocchi, lo vedi e ha
il sapore amaro delle ingiustizie unito a quello pungente della
speranza.
Uno dei punti sicuramente più forti del romanzo è lo stile, la Ghinelli ha una penna da cui
scrosciano parole difficili da arginare. Ogni capitolo è
ansia, ansia e
ancora ansia. Nemmeno i thriller hanno un ritmo così
sostenuto, con frasi che ti crollano addosso e personaggi che ti si
annidano nelle viscere.
Forse non sarà un'autrice per tutti, forse i suoi lati oscuri, quasi
morbosi, potranno disturbare le anime più candide della mia, ma io non
posso fare a meno di consigliarvela. Tra le voci italiani è una di
quelle con le zanne più aguzze e gli artigli più affilati, voi pertanto
corazzatevi, al resto penserà lei.