Alla base di questo romanzo c'è una teoria assolutamente intrigante: quella del multiverso! E lo ammetto, avevo aspettative molto alte sull'opera di Patrignani, alimentate dai vari commenti positivi letti in Internet, invece quello che poteva essere un libro spettacolare, si è rivelato un'occasione mancata.
Ma procediamo con ordine. Come avrete immaginato, il punto di forza è nella storia. Alex e Jenny sono anni che si connettono telepaticamente, si tratta solo di alcuni secondi in cui il loro mondo va in blackout, ma in quegli attimi riescono a comunicare e a intravedersi. Un giorno finalmente Alex riesce a farsi dire da Jenny dove abita e si danno appuntamento da lei, a Melbourne. In men che non si dica l'intrepido eroe parte da Milano per l'Australia (due passi insomma), deciso più che mai a incontrare quella che ormai è convinto essere la sua anima gemella. Anche Jenny è emozionata, ma quando arriva il fatidico momento... qualcosa nell'ingranaggio s'inceppa. Perchè Alex e Jenny sono nello stesso posto e nel medesimo istante, ma non riscono a vedersi?
La
teoria del multiverso a cui l'autore attinge non è nuova, ma nel
panorama young adult credo che sia una ventata d'aria fresca e
originalità. Non mi sono mai addentrata in concetti quantistici e
nemmeno nelle teorie dei più noti studiosi in
materia (e credo
che mai lo farò) ma film come Donnie
Darko e il più soft Sliding
Doors
- che
trattano il medesimo argomento - mi avevano davvero affascinata. Quindi
perchè non provare? Perchè non entrare in questo mondo
fantastico, che a sua volta ne genera infiniti, a seconda delle scelte
che compiamo?
Nonostante già dalle prime righe lo stile dell'autore non mi
abbia particolarmente coinvolta la curiosità di scoprire come Jenny e
Alex riuscissero a rompere queste barriere spazio temporali ha fatto da
carburante. Ho ingranato la prima, e fiduciosa come sempre ho
continuato a leggere sorvolando su una scrittura un po' troppo
elementare che mi ha portato a classificare il libro "solo per ragazzi".
Grazie però agli
eventi intriganti e alla scorrevolezza del testo, ho inserito la
seconda, per poi frenare di botto di fronte a quelli che secondo me
sono degli intoppi logistici.
Per
esempio Alex e Jenny sono due sedicenni svegli, in gamba, si connettono mentalmente
per anni... e allora come mai quando decidono di conoscersi non pensano
di scambiarsi
una
mail o il numero di cellulare? Insomma darsi un recapito telefonico mi
sembrava il minimo sindacale, ma va be'... distrazione del momento.
Come dire, "son ragazzi". Ripartiamo. Prima...
seconda... frenata!
Marco,
il geniale amico di Alex, arriva alla conclusione dell'esisteza dei
multiversi in 5 minuti. Ok è un genio. Ma non è un po' troppo geniale?
Il problema di questo libro è che tante cose succedono e poche vengono
spiegate. Per darvi un'idea è
come se leggeste Agatha Christie e Poirot dicesse improvvisamente "So
chi è
l'assassino!" ma senza avere uno straccio di indizio. E di
questi "buchi" ce ne sono
davvero molti! Capisco che non
dev'essere facile rendere il tutto funzionale, ma questi due ragazzi
più che in mondi paralleli vivono in un mondo tutto loro. Si
preoccupano magari degli amici (anzi dell'amico, visto che conosciamo
solo Marco) ma dei genitori zero assoluto. E i dialoghi? Banali. Ma
tanto.
Insomma io ci resto malissimo quando leggo un libro potenzialmente
fantastico che si perde in un bicchier d'acqua! Bastava ambientare la
storia negli anni '70 - '80 e nessuno si sarebbe meravigliato se Alex
non cerca di contattare Jenny sul cellulare o su Facebook. Anche alzare
l'età dei protagonisti avrebbe reso più normale la loro libertà di
movimento. Insomma degli escamotage
c'erano... perchè non
usarli?
Leggendo Multiversum mi sono venuti in mente i cartoni animati che
seguivo da bambina, dove gli eroi scorrazzavano in lungo e in largo
come se niente fosse e se volavano, s'illuminavano , o si
teletrasportavano, erano fighissimi. Insomma io a 8 anni avevo i
luccichii agli occhi, ma adesso se vedessi un tipo volare, brillare o
smaterializzarsi chiamerei il 113. Se
mio figlio sparisse non lo tampinerei di telefonate, ma mobiliterei
direttamente le forze dell'ordine di mezzo mondo. Ecco, Multiversum
andrebbe letto in quest'ottica. Con
gli occhi disincantati e il
cervello su off.
Però la fine mi è piaciuta. Lo so, non ve l'aspettavate, ma trasmette
quel
senso d'inquietudine che in un libro del genere non può mancare.
Insomma mi ci sono volute 300 e passa pagine ma ho trovato la mia
dimensione. E anche se non sono riuscita a
entrare pienamente nel multiverso di Alex e Jenny ho iniziato a pormi
diverse
domande sul mio. Spero in un seguito più maturo. Forza Leo. Se
Francesco Gungui crede in te, be', ci credo anch'io!