A cura di Silvia (08/2013)
Voto:
Dopo due piccoli capolavori come Il
Ladro di Anime e La Terapia, era inevitabile che
arrivasse la delusione. E
Il Bambino a conti fatti lo è stata. Una piccola e cocente
delusione che non mi aspettavo e che ci ho messo un po' a
metabolizzare, non per niente ho rimandato all'inverosimile questa
recensione a discapito del libro stesso: purtroppo più tempo faccio
passare, più i pregi sfumano e i difetti emergono in tutta la loro
dirompente veridicità. Ma adesso è tempo di toglierci i sassolini dalle
scarpe.
Questa volta l'autore tedesco, nonostante abbia ideato un plot molto
intrigante - un bambino malato di cancro che afferma di essere
l'incarnazione di un serial killer morto anni prima e un avvocato che
tenta di scoprire la verità a costo di rimetterci prima la
reputazione e in seguito anche la vita - non ha saputo mantenere accesa
la suspense. E 360 pagine
senza suspense non sono poche ve l'assicuro. Oddio non proprio 360,
l'inizio infatti è intrigante e devo ammettere che mi è anche piaciuto
moltissimo, ma dopo che Fitzek ha finito di gettare le basi, di
seminare misteri e i avvolgere il protagonista nelle oscure
ombre di un
drammatico passato, il mio interesse ha iniziato a scemare... È brutto
da dire, ma ho finito il libro soprattutto per curiosità.
La parte centrale è un calderone di idee mal gestite, fughe
rocambolesche e situazioni anche inutili allo svolgimento stesso della
trama. Per non parlare dei
personaggi che arricchiscono la storia tratteggiati
fin troppo sommariamente e della piega che prende la vicenda. A un
certo punto
Fitzek si addentra in un terreno non facile come quello della
pedofilia, ma senza
risultare convincente, senza nemmeno commuovere, e non si può
parlare di
abusi sui bambini lasciando freddi e insensibili i propri lettori,
eppure è quello che mi è successo.
Il Bambino
mi è sembrato un libro scritto a tavolino, un agglomerato di frasi
d'effetto che in realtà sortiscono poco effetto e di una
suspense quasi pilotata.
Il finale come al solito prende i tasselli del puzzle e li ricolloca
nella loro giusta posizione e anche se durante la lettura sembrava
impossibile trovare una logica che legasse le farneticazioni di una
ragazzino malato terminale, i cadaveri che spuntavano nei luoghi da lui
indicati e la morte prematura del figlio di Robert (il protagonista),
tutto viene chiarito minuziosamente: in questo Fitzek è bravo,
decisamente. Ma questa volta ha esagerato mettendo a mio avviso troppa
carne al fuoco e gestendo il tutto senza la consueta maestria.
Un buon inizio e un epilogo strutturato degnamente non salvano una
lettura che dovrebbe essere un crescendo di tensione e di ansia. Io non
vedevo l'ora di finire il romanzo solo per iniziarne un altro e questo
è un gran brutto segno, lo so, ma una cosa è certa: tra me e Fitzek non finisce
qui.