A cura di Silvia (01/2013)
Voto:
A Pingui, un villaggio Dogon a sud
del fiume Niger, qualcuno muore. E muore perchè "la tentazione
della carne è arrivata e il diavolo si è intromesso"...
Il fatto necessita l'intervento del Commissario Habib e
dell'Ispettore Sasso pronti ad
indagare, ma soprattutto a svelarci la realtà che si cela dietro a un
popolo dalla struttura sociale solida e inviolabile. Per comprendere la
dinamica dei fatti non serviranno solo logica e razionalità, ma
bisognerà addentrarsi nella loro cultura, nei loro colori, nei loro
rituali. Ed è questa la parte migliore del romanzo, scoprire che esistono ancora
luoghi apparentemente dimenticati da Dio, dove invece un Dio c'è eccome.
Luoghi dove la quotidianità si basa su credenze, superstizioni,
tradizioni e dove una fredda analisi sociale non sarebbe sufficiente
per farceli conoscere.
Con Moussa Konatè veniamo
trasportati in posti di cui percepiremo l'odore, le sfumature, la vita
stessa. Una vita decisamente lontana dalla nostra, rinchiusa dentro
rigidi schemi, eppure piena di fascino.
Durante la lettura mi sono chiesta più volte se Konatè, l'autore
simbolo della letteratura africana, non usi l'elemento giallo per
farci conoscere la vera Africa, o almeno una piccola parte della vera
Africa. Non quella dei safari, degli elefanti e degli indigeni, ma
quella più remota, quasi primitiva, con le sue più nascoste
sfacettature. Incontaminata,
ma fino a un certo punto. Affascinante. Interessante. Corrotta.
Coraggiosa. E Konatè
stesso è un autore coraggioso e intelligente, capace di
riprendere i tipici elementi del noir, di mescolarli "alla Maigret" e di
servirceli su un piatto di legno abilmente intarsiato da cui ci
serviremo
con sana avidità.
Habib e Sasso hanno i clichè di molti commissari e ispettori
televisivi,
sono guidati dal tipico intuito di chi analizza dinamiche, indaga,
interroga, e la "loro" Africa è quella più civilizzata, più vicina al
nostro immaginario, ma è fantastica scoprirla proprio per capire quanto
forti e profondi possono essere certi contrasti. Si potrebbe dire che
Habib e Sasso sono il ponte tra noi e i Dogon.
Riconosco
di avervi parlato poco della trama, e lo faccio ogni volta che resto
coinvolta più da quello che si nasconde tra le righe che da quello che
le righe stesse narrano, ma senza dubbio "L'Impronta
della Volpe" è un romanzo che consiglio non solo
agli amanti del genere giallo, ma a chiunque non rinneghi una lettura
carica di riflessione.
"l'uomo
che si rialza non è lo stesso che è caduto.
E' per questo ognuno di
noi vive un mattino e una sera.
Chi non comprende questa
verità non comprende nulla della vita."