L'Invito di Ruth Ware

A cura di Silvia  (07/2015)

Voto: 


L'Invito di Ruth Ware viene definito "un thriller psicologico che aggancia il lettore fin dalla prima pagina e lo conduce nei recessi della psiche umana", ed è il romanzo d'esordio di una trentottenne che è stata cameriera, insegnate di inglese e addetta all'ufficio stampa della Vintage Pubblishing. Adesso a quanto pare è un'autrice a tutti gli effetti, visto che anche Wulf Dorn ne ha tessuto le lodi. 
Ovviamente non sono d'accordo praticamente su tutto.
Di psicologico c'è poco, il lettore si ritrova a sbadigliare dopo venti pagine ed è tutto così prevedibile e all'acqua di rose che mi sono chiesta il perché di tanto successo.
Come trama e intreccio L'Invito mi ha ricordato i romantic suspense che leggevo anni fa nella collana Harlequin Mira, si "salva" solo perché la componente rosa non è preponderante, ma se devo dirla tutta a me quella collana piaceva parecchio, non ti dava false speranze, ma manteneva quello che prometteva, mentre in questo caso non posso dire la stessa cosa.
Ho sentito aria di fregatura nel momento stesso in cui ho conosciuto Nora, la protagonista, una giovane scrittrice di thriller che da dieci anni ha tagliato i ponti con la sua vecchia vita per puro istinto di autoconservazione. Quando però Claire, l'amica con cui ha condiviso gran parte dell'adolescenza, la invita al suo addio al nubilato, lei accetta di rituffarsi in quel passato che le ha causato i dolori più indicibili.
Non sa perché, ma sente che non può tirarsi indietro. Nonostante non voglia andarci, nonostante una miriade di strane sensazioni le affollino la mente, lei parte per passare un week end con gente di cui non sa praticamente nulla, perché al contrario di quello che dice la trama sul risvolto di copertina - cito: Sebbene con riluttanza, accetta di trascorrere un weekend in una villa nei boschi del Northumberland insieme ai vecchi amici [...] - delle sei persone invitate lei ne conosce solo due. 
Un incipt che manca un po' di credibilità, ma che è servito alla Ware per ricreare un'atmosfera in perfetto (si fa per dire) stile Dieci Piccoli Indiani e rinchiudere in una grande e suggestiva casa di vetro Nora e gli altri personaggi. Personaggi decisamente sottotono, privi di spessore, legati tra loro da vecchi e taciti rancori che non mancheranno di venire a galla secondo un copione letto e riletto.

Senza scendere nei particolari, perché nei thriller non è mai opportuno, vi posso solo dire che ho trovato la sceneggiatura decisamente povera e l'intreccio ricco di nonsense a causa soprattutto del comportamento della protagonista che nonostante racconti la storia dal suo punto di vista non ci rivela, se non al momento opportuno, una serie di particolari fondamentali che una volta svelati rendono le scelte fatte ancora più inspiegabili e prive di logica.

Siamo palesemente lontano anni luce dal capolavoro della Christie. Non c'è la stessa raffinata e sottile psicologia, manca la classe e l'originalità, è privo di mordente e suspense.
Però sono convinta che se il romanzo fosse stato scritto in terza persona avrebbe funzionato decisamente meglio; Nora non mi sarebbe apparsa come una sciocca protagonista dai pensieri sconclusionati e le idee confuse, ma come una giovane donna vittima degli eventi. Il punto di vista in certi romanzi è fondamentale e può decidere da quale parte far pendere l'ago della bilancia.

La storia si snoda senza colpi di scena degni di questo nome, "previdibilità" sembra essere la parola d'ordine, e purtroppo nemmeno la ricostruzione finale degli eventi (leggermente tirata per capelli) salva un titolo che per quanto leggibile, di invitante ha solo il titolo.


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Titolo originale
in a dark, dark wood

Casa Editrice 
Corbaccio, 2015

Traduzione
Valeria Galassi

Genere
thriller

Pagine 352